Giulio Regeni, accusa del ‘New York Times’: “Scambiato per spia e prelevato dagli agenti”

E’ un’accusa ben precisa quella del giornale statunitense, che cita come fonti tre funzionari della sicurezza: Giulio Regeni sarebbe stato prelevato da due agenti in borghese, che lo hanno perquisito e poi portato via. Secondo le fonti, erano convinti che fosse una spia

Giulio Regeni, accusa del 'New York Times': "Scambiato per spia e prelevato dagli agenti"

E’ una storia che da qualche tempo in molti sospettano: Giulio Regeni (due giorni fa i funerali), fu arrestato dalla polizia egiziana e torturato perchè creduto una spia. Ma adesso a sostenerlo è il “New York Times”, che cita come fonti tre funzionari della sicurezza del Cairo nascosti dietro l’anonimato: «Regeni fu scambiato per una spia e fu prelevato da alcuni agenti in borghese sotto casa sua – hanno affermato i tre – al momento del fermo, il ragazzo si è dimostrato impertinente assumendo atteggiamenti da duro ed anche per questo fu portato via». Nonostante quest’ultimo luogo comune sull’italiano spaccone, i tre funzionari sembrano genericamente molto attendibili e informati sui fatti, ed hanno inoltre sostenuto che Regeni aveva sollevato sospetti per alcuni suoi presunti contatti con i Fratelli Musulmani e il Movimento 6 aprile, considerati nemici dello Stato.

Il ministro degli Esteri egiziano: «L’Italia non ci sta accusando» – Il “New York Times” continua sostenendo che diversi testimoni avrebbero visto intorno alle 7 di sera due agenti in borghese che davano la caccia ai giovani per le strade; i due avrebbero poi fermato Regeni perquisendogli lo zaino e e controllandogli il passaporto, per poi portarlo via. Sempre secondo le testimonianze, uno dei due agenti era stato visto già in diverse altre occasioni nel quartiere ed avrebbe chiesto informazioni sul giovane friulano a molte persone. I tre funzionari avrebbero rivelato al giornale statunitense che Regeni «fu preso perchè scambiato per una spia. Dopotutto, chi è che viene in Egitto per studiare i sindacati?». Il quotidiano ha anche riportato un’intervento del ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, alla Radio nazionale pubblica, nel corso del quale ha sostenuto che il governo italiano «non ha mai sollevato una simile illazione o accusa su un presunto coinvolgimento delle forze di sicurezza egiziane nella morte di Giulio Regeni. E’ abbastanza sconcertante che ci dovrebbe essere quest’impressione. L’Egitto – ha poi rincarato il ministro – ha un numero elevato di emigrati in Italia che, da vittime, affrontano quotidianamente un’attività criminale. Se facessi illazioni che quest’attività criminale è in qualche modo connessa al governo italiano, sarebbe molto difficile condurre relazioni internazionali». Un monito o una minaccia? Intanto il pm che si occupa dell’inchiesta della morte di Giulio ha sentito due giorni fa la sorella di Regeni, Irene, e un’amica come persone informate sui fatti. Pare che i carabinieri abbiano anche acquisito materiale informatico fornito dagli stessi familiari.

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