Isis, testimonianze shock bambini-soldato: “Ci chiedevano di uccidere i nostri genitori”

Indottrinati, picchiati e destinati a missioni suicide. È la sorte di moltissimi bambini rapiti dall’Isis, ma alcuni di loro sono riusciti a fuggire e adesso testimoniano le atrocità dei campi di addestramento: «Ci dicevano che i nostri genitori erano miscredenti: la nostra prima missione era quella di tornare e ucciderli»

Isis, testimonianze shock bambini-soldato: "Ci chiedevano di uccidere i nostri genitori"

«Mentre ci addestravano ci dicevano che i nostri genitori erano miscredenti: la nostra prima missione era quella di tornare e ucciderli». È la testimonianza shock di Nasir, uno dei tantissimi bambini rapiti, indottrinati, picchiati e ricattati dall’Isis, che presto avrebbe dovuto trasformarsi in un attentatore kamikaze oppure in un fedele miliziano pronto a combattere per la causa della jihad. E Nasir è stato proprio uno dei pochi fortunati a fuggire dalle atrocità dei jihadisti e dalla tragica sorte che avevano pensato per lui. La sua storia e quella di altri coraggiosi bambini riusciti a scappare da quella sconvolgente realtà è stata raccolta in un documento dalla Cnn come testimonianza delle atrocità del Califfato. «C’erano 60 bambini al campo. I momenti più spaventosi sono stati quando sono cominciati i bombardamenti. Ci hanno portato nei tunnel sotterranei per nasconderci. Ci hanno detto che gli americani, gli infedeli, stavano cercando di ucciderci», ha raccontato Nasir, 12 anni, aggiungendo che presto sono iniziati i ricatti giornalieri. «Mentre ci addestravano – ha continuato – ci dicevano che i nostri genitori erano miscredenti: la nostra prima missione era quella di tornare e ucciderli». Nasir spiega che a nessuno di loro era permesso piangere: «Era assolutamente vietato, ma io pensavo a quanto potesse essere preoccupata la mia mamma per me e cercavo sempre un posto dove sfogarmi in silenzio». Il 12enne è riuscito a scappare e ha potuto così riabbracciare la madre in un campo profughi in Kurdistan: «Quando sono fuggito e l’ho rivista, è stato come tornare in vita».

«Mi hanno rotto una gamba: questo mi ha salvato la vita» – Un’altra incredibile testimonianza è quella di Nouri, 11enne rapito e portato presso il campo di addestramento di Tel Aafar, nel nord dell’Iraq. Il ragazzo ha avuto il coraggio di ribellarsi rifiutando la dura preparazione, così lo hanno punito. «Mi hanno rotto una gamba: questo mi ha salvato la vita», ha detto. Una volta che riusciva solamente a zoppicare non sarebbe più servito per le loro missioni. Questa è stata la sua grande fortuna, perché i jihadisti anziché ucciderlo lo hanno rispedito a casa dai familiari. Adesso Nasir, Nouri e altri bambini sono liberi ma hanno un disperato bisogno di aiuto psicologico. Assurdo pensare che bambini così piccoli siano privati della loro infanzia brutalmente e costretti dai 5 anni in su ad utilizzare le armi, a credere nemici i genitori tanto da pensare di eliminarli, e poi destinati a missioni suicide. Alcuni dei fortunati riusciti a fuggire adesso si terrorizzano solo a sentire parlare dell’Isis, altri hanno anche le convulsioni: è un inferno che non potranno mai dimenticare.

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