Ndrangheta: venti arresti per associazione mafiosa eseguiti tra Torino e la Calabria

I carabinieri hanno eseguito un blitz contro le cosche della ndrangheta che operano all’ombra della Mole: venti arresti tra Torino e la Calabria. Gli arrestati svolgevano attività di estorsione ed usura arrivando a minacciare anche pesantemente le vittime

Ndrangheta: venti arresti per associazione mafiosa eseguiti tra Torino e la Calabria

Estorcevano denaro fino all’ultimo centesimo presentandosi come “i padroni di Torino”; nella giornata del 14 gennaio i carabinieri hanno eseguito un blitz compiendo venti arresti per associazione mafiosa, estorsione ed usura in una doppia operazione tra il Piemonte e la Calabria. I reati contestati a capi e gregari finiti in carcere vanno dall’associazione mafiosa all’usura, dal traffico di droga fino alla gestione di bische clandestine; le persone arrestate non si facevano remore di minacciare ed anche terrorizzare pesantemente le vittime di estorsione, come in un caso in cui ad un imprenditore torinese fu spedita come monito la testa mozzata di un maiale seguita dal messaggio «la prossima volta, taglieremo la tua». Inoltre, i militari hanno effettuato 41 perquisizioni domiciliari e sequestrato beni e armi. Tutta l’operazione è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Tutte le attività erano gestite da due fratelli ndranghetisti già protagonisti in passato della storia criminale di Torino: Adolfo e Cosimo Crea, 44 e 41 anni, originari della Locride.

Una cosca agguerrita e potente
Gli inquirenti hanno messo in luce la ferocia ed anche la tendenza al lusso e alla bella vita della cosca comandata dei Crea, persino anomala in seno alla Ndrangheta; i due sono comunque affiliati all’onorata società con il grado di “padrino”, quindi ricoprono un certo prestigio. Originari di Stilo, i due fratelli erano giunti a Torino nel 2001 per sfuggire ad una faida scoppiata allora tra le famiglie Ruga-Metastasio e Gullace-Novella: caparbi e violenti, si legano ai clan Ursino e Belfiore, potentissimi a Torino, ed iniziano una scalata criminale ed economica che, in pochi anni, li farà diventare davvero i padroni di Torino, come si evince dalle intercettazioni telefoniche con la “casa madre” di San Luca. Infatti, è stata sequestrata loro un’infinità di beni mobili ed immobili: oltre a diverse bische clandestine, camuffate da circoli per soli soci, in cui imponevano le proprie regole per il poker e il videopoker, gestivano il ristorante Babylon in zona Porte Palatine a Torino, oltre al bar Gran Galà di via Di Nanni angolo piazza Sabatino, considerato il loro quartier generale. Le indagini sono state molto lunghe e complesse, anche per la reticenza di molte vittime a denunciare: «Nessuno si è mai presentato spontaneamente a denunciare – ha detto il colonnello Domenico Mascoli, comandante del nucleo investigativo – questa non era una mafia silente, ma una criminalità aggressiva che considerava totalmente sua la città di Torino».

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