Riabilitazione hi-tech per paraplegici: ricerca americana riporta migliorie su pazienti

È nell’Università di Durham, nel Carolina del Nord, che il dottor Miguel Nicolelis ha condotto una ricerca su otto pazienti paraplegici. Alcuni volontari, tramite strumenti hi-tech in grado di tradurre i pensieri in azioni virtuali su avatar e dopo su arti meccanici, a lungo andare hanno ripreso parziale possesso, sebbene dopo anni di paralisi, dei propri arti inferiori

Riabilitazione hi-tech per paraplegici: ricerca americana riporta migliorie su pazienti

Passare da avere una paralisi completa e diagnosticata da anni, ad una paralisi parziale in cui si riesce ad eseguire alcuni movimenti volontari dei muscoli, ad avvertire anche stimoli dolorosi e sensazioni tattili. È quello che è stato scoperto durante la riabilitazione “hi-tech” di otto pazienti, sei uomini e due donne paralizzati da tanti anni dalla vita in giù, in una ricerca condotta dal dottor Miguel Nicolelis della “Duke University” di Durham (Carolina del Nord). Il medico è quello che viene definito un pioniere del settore “protesi robotiche ed interfacce” e, con la propria equipe, ha distribuito ai pazienti dei “lettori di pensiero”, nonché di onde celebrali: dopodiché l’esperto ha incitato gli stessi a immaginarsi di muovere le gambe su di un avatar, mentre l’equipe raccoglieva i segnali neurali. L’atto dei volontari d’immaginare di muovere le gambe anche solo virtualmente, è stato reso “pratico” da arti robotici e indumenti ultratecnologici indossate dai pazienti che hanno trasmesso ai loro corpi degli stimoli esterni: certi impulsi sono riusciti, anche se nel giro di molti mesi, a stimolare il movimento agli arti paralizzati.

I risultati
Gli esiti sono stati resi noti dalla rivista “Scientific Reports” edita da “Nature”: i pazienti, nel corso della riabilitazione, hanno riacquistato la sensazione di dolore e recuperato il senso del tatto camminando (anche se virtualmente) sulla sabbia o sull’asfalto. Questo perché i nervi spinali rimasti sani sono stati riprogrammati con questo training hi-tech e riorganizzati portandoli a riprendere, anche se solo parzialmente, le loro funzioni. Molti dei volontari, hanno visto i progressi già dopo 7 mesi di allenamento e quattro di loro, dopo un anno, hanno ripreso la sensibilità e il controllo muscolare a tal punto che i medici hanno aggiornato la diagnosi da “paralisi completa” a “parziale”; in alcuni casi i pazienti hanno ripreso anche il controllo della vescica. Una delle partecipanti, una donna di 32 anni paralizzata da 13, all’inizio della sperimentazione non era in grado di stare in piedi usando delle stampelle: nel corso della ricerca è riuscita a camminare con un girello, le stampelle e l’aiuto di un terapeuta. A 13 mesi dall’inizio del test è riuscita a muovere le gambe volontariamente.

Anni di studi
Il dottor Nicolelis è partito quasi vent’anni anni fa dallo sviluppo delle interfaccia uomo-macchina, ovvero da sistemi in grado di captare le onde cerebrali su cui viaggiano pensieri e intenzioni di un individuo, ad esempio l’intenzione di muoversi, e di tradurle in un comando per il computer o per un braccio robotico o per una protesi che aiuti a camminare: creando, in questo modo, macchine in grado di leggere nel pensiero e tradurre quel pensiero in una azione reale. Grazie a queste tecnologie, Nicolelis e altri collaboratori, hanno sfruttato le doti d’immaginazione dei pazienti, riuscendo a trarne dei benefici. Nicolelis ha spiegato, come riportato da “Repubblica”: «Finora nessuno aveva mai assistito al recupero di queste funzioni in pazienti, così tanti anni dopo la diagnosi di paralisi completa. Non prevedevamo questo risultato clinico sorprendente, quando abbiamo iniziato il progetto», ha detto il luminare.

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