Studio: danni cerebrali permanenti per reduci di guerra in Iraq e Afghanistan

Dallo studio: «Danni permanenti procurati a determinate aree del loro cervello per le frequenti esplosioni cui erano esposti in zona di guerra». Ad oltre 250mila militari diagnosticata l’mTBI

Studio: danni cerebrali permanenti per reduci di guerra in Iraq e Afghanistan

Sono almeno 250mila i militari e gli ex militari in azione in Iraq e Afghanistan alla quale è stata diagnosticata una lesione traumatica cerebrale leggera (Mild traumatic brain injury, mTBI), definita il “marchio di fabbrica” delle guerre in questione. Ma fino ad oggi non si conoscevano gli effetti emotivi della patologia e come esattamente veniva colpito il cervello. Oggi uno studio scientifico ha dimostrato quello che già si pensava o che veniva raccontato al cinema o nella letteratura: tanti, troppi militari rientrati dall’Iraq e dall’Afghanistan «soffrono a livello emotivo dei danni permanenti procurati a determinate aree del loro cervello a causa delle frequenti esplosioni cui erano esposti in zona di guerra». Molti di loro si sono suicidati, alcuni hanno pensato e tentato di farlo, mentre altri sono stati protagonisti di gravi episodi di violenza domestica. Dallo studio, pubblicato nelle ultime ore su Science Transnational Medicine, e portato a termine dai neurologi esperti di traumi cerebrali presso il “Va Puget Sound Health Care System” e presso l’Università di Washington, è emerso che «più i militari sono stati esposti alle esplosioni delle bombe o delle armi da fuoco leggere, più soffrono di cambiamenti cronici dell’attività dei loro neuroni in specifiche regioni del cervello». Gli scienziati hanno inoltre riferito che i militari esposti a tutto ciò perdevano man mano dei neuroni nelle stesse regioni del cervello. Più o meno la stessa cosa che fu verificata circa 40 anni fa negli ex boxeur, sofferenti per l’encefalopatia traumatica cronica.

L’mTBI causa disordini da ansia, cambi di personalità e depressione – «Stiamo di fronte a seri problemi di salute mentale che sono il risultato delle nostre guerre in Iraq e Afghanistan. La nostra nazione non ha risposto adeguatamente al problema. Se non agiamo immediatamente e in modo opportuno, andremo incontro a un’epidemia di traumi psichici collegati al servizio militare negli anni a venire», diceva pochi mesi fa Bobby Muller, presidente dei Veterani per l’America. Si parlava di lesioni cerebrali traumatiche leggere, termine decisamente fuorviante. Lo evidenziò anche David Hovda, direttore del Brain Injury Research Center presso l’Università della California, parlando di lesioni tutt’altro che leggere: «Non so cosa renda queste lesioni ‘leggere’, visto che possono evolvere in disordini da ansia, cambi di personalità e depressione», e che inoltre «possono dare logo a tutta una serie di problemi fisici che vanno dal dolore cronico, a disfunzioni sessuali fino all’insonnia». Fino a poco tempo fa si pensava che la maggior parte dei soldati colpiti dall’mTBI guarisse dalla patologia e che solo una percentuale tra il 5 e il 15% fosse destinata a convivere per sempre con questi sintomi. Lo studio condotto presso l’Università di Washington adesso però rivela tutt’altro: la lesione traumatica cerebrale diagnosticata ai militari attivi in Iraq e Afghanistan è permanente.

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