Traffico di migranti, 38 arresti in tutta Italia: espianto organi a chi non pagava

Aspettavano i migranti a Palermo per potergli dare i documenti richiesti per poi arrivare in Europa partendo da Roma. Nel caso non avessero avuto la cifra pattuita, i migranti venivano venduti a gruppi d’egiziani trafficanti d’organi. L’indagine e i 38 arresti sono avvenuti tramite le confessioni di un pentito ex scafista «stanco di tutti quei morti»

Traffico di migranti, 38 arresti in tutta Italia: espianto organi a chi non pagava

Se non possedevano abbastanza soldi per pagare il viaggio, venivano venduti a gruppi d’egiziani trafficanti d’organi. È quello che ha portato a galla la confessione del pentito Nuredin Wehabrebi Atta, ex scafista divenuto collaboratore di giustizia. L’uomo eritreo, arrestato nel 2014, condannato a 5 anni di pena a febbraio e ritenuto particolarmente attendibile, ha deciso di raccontare la verità «perché ci sono stati troppi morti in mare» spiegando, come riportato da “Agi”: «I morti di cui si viene a conoscenza sono solo una minima parte». Tant’è che solo in Eritrea, ha continuato l’ex scafista: «Otto famiglie su dieci hanno avuto vittime». Ogni immigrato che, dopo esser arrivato in Italia per andare in altri stati europei ma non aveva abbastanza soldi per pagare il viaggio pur essendosi impegnato, «veniva venduto anche per 15mila euro a gruppi, soprattutto d’egiziani, che si occupavano d’espiantare e vendere organi». Il network dei trafficanti aveva anche un giro di certificati: «Per ogni certificato falso di stato di famiglia e di residenza di altri stranieri, il guadagno era tra i 500 e i 600 euro» ed in più, i soldi versati dai rifugiati, «servivano a pagare l’organizzazione e le spese per il viaggio verso la destinazione finale». Nei versamenti analizzati arrivati ai fermati, appaiono diversi paesi d’Europa principalmente la Germania, l’Olanda e la Scandinavia. Il traffico partiva da Palermo, dove i profughi arrivavano e venivano fatti scappare dai centri d’assistenza e portati a Milano o Roma: la capitale fungeva anche come pit stop dal quale avveniva l’importazione o lo scambio monetario.

Scappavano dai centri d’accoglienza
La “prima accoglienza” avveniva a Palermo ed Agrigento. Come sempre gli immigrati, una volta sbarcati, vengono portati nei centri clandestini della città palermitana: un ritrovo nei pressi di piazza Ballarò, oltre che in vicolo Santa Rosalia all’attivo di un magazzino dove vengono ammucchiate le persone in procinto di partire per il Nord Italia. Una volta che gli immigrati venivano registrati, la stessa organizzazione criminale, attraverso una struttura a cellule, aiutava i migranti a fuggire dai centri d’accoglienza per poi essere portati Roma o Milano, da dove proseguivano il loro viaggio verso le destinazioni programmate. Durante l’estate del 2015 il gruppo criminale avrebbe gestito almeno sei sbarchi, con i quali giunsero a Palermo oltre 4mila migranti che vennero poi selezionati ed alcuni mandati nella città capitolina.

Negozio di profumi fungeva da centrale
È proprio nei pressi del quartiere di Roma Termini che alcuni eritrei gestivano le entrate, pari a centinaia di migliaia di euro, grazie ad una centralina finanziaria: la centrale era un negozio di profumi di via Volturno e, dietro al bancone, gli organizzatori ricevevano i pagamenti per i viaggi di chi poteva permettersi le tariffe altissime. Il negozio era stato posto sotto sequestro dalle forze dell’ordine già dal 13 giugno, dove furono sequestrati 526mila euro e 25mila dollari in contanti, oltre ad un libro mastro con nominativi di stranieri e utenti di riferimento. Sullo stesso quaderno era stilato anche un tariffario specifico che indicava i prezzi: dalla sostituzione della fotografia su documenti rilasciati ad altri, ai matrimoni simulati in Somalia o Etiopia con stranieri già residenti, fino alla gestione dei falsi ricongiungimenti famigliari del costo di 10mila euro. Proprio le richieste di ricongiungimento venivano poi inoltrate alle prefetture italiane e la mancanza di comunicazione tra gli uffici territoriali di governo rendeva facile aggirare i controlli, facendo il resto. Il sistema, descritto da Atta, è stato riscontrato anche nel corso delle indagini della procura palermitana e dei funzionari della polizia di stato. Il racconto dell’ex scafista, raccolto durante le indagini condotte dalla polizia di Stato di Palermo e dal servizio centrale diretto da Renato cortese, riporta: «A Roma il mercoledì ed il sabato, vengono consegnate ingentissime somme di denaro dai commercianti che vengono dall’Etiopia. Questi pagamenti si riferiscono più che altro ai trasporti che vengono effettuati in Europa».

Gli arresti
È stato proprio grazie alle dichiarazioni del pentito che la polizia di Palermo ha concluso l’operazione “Glauco 3” con 38 arresti: 25 eritrei, 12 etiopi e tra di loro anche un italiano. I fermi sono stati eseguiti dalla polizia di Stato nelle province di Palermo, Roma, Viterbo, Agrigento, Catania, Trapani, Milano, Lecco, Macerata e Genova. I reati di cui sono stati accusati sono associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria e associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Sembra siano coinvolti anche alcuni imprenditori italiani, ma non sono ancora stati individuati. Le indagini proseguono.

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