Ylenia Carrisi, svolta nelle indagini: forse fu uccisa durante autostop

Sembra esserci una nuova svolta nel caso della figlia scomparsa 22 anni fa di Albano Carrisi e Romina Power: presi i DNA dei due genitori per un confronto con un cadavere ritrovato in America

Ylenia Carrisi, svolta nelle indagini: forse fu uccisa durante autostop

Bionda, bella, giovane. La sua immagine è sempre stata presente nei pensieri di tutti. Ylenia Carrisi ebbe una carriera anche se per un breve periodo come valletta televisiva del quiz “La Ruota della Fortuna” nel 1989 con il celebre Mike Buongiorno. Aveva solo 19 anni ma a 13 aveva già girato un film: “Champagne in paradiso”. Nel ’93 aveva 24 anni e fu allora che con uno zaino in spalla decise di viaggiare, partendo dal sud America, fino ad arrivare a New Orleans. I genitori erano molto contrari, ma certi che l’avrebbe aiutata a scrivere il libro che aveva in mente sui “senza tetto del sud america”. Si mise in contatto con i suoi famigliari per l’ultima volta il 31 Dicembre 1993, avvertendo a casa che si sarebbero sentiti il giorno dopo, ma da allora nessuno ebbe più sue notizie. S’iniziò ad indagare sulla sua scomparsa solo il 6 Gennaio 1994. A New Orleans, dove Ylenia abitava, aveva conosciuto un musicista di strada, Alexander Masakela, lui era l’unico sospettato per un omicidio senza prove. Dunque nessuno poté incriminarlo, quindi il caso rimase aperto, senza nessun colpevole e nessuna traccia su cui indagare. Di lei, infatti, si erano perse qualunque traccia possibile. L’avevano vista in pochi visto che viaggiava sempre a piedi o in autostop. In molti avevano parlato di suicidio, che l’avevano vista buttarsi nel fiume Mississippi, o che avesse volutamente fatto perdere le sue tracce. Così Albano nel Gennaio 2013, contrariamente all’ex moglie Romina, che voleva che il caso rimanesse aperto, chiese una dichiarazione presunta di morte al tribunale di Brindisi. Il primo dicembre 2014 il tribunale ha poi emesso la dichiarazione di morte presunta.

La svolta delle indagini
La svolta nel caso misterioso della sua scomparsa si deve allo sceriffo di Palm Beach in Florida. Nove mesi dopo la scomparsa di Ylenia, vennero ritrovati Il 15 settembre del 1994, furono ritrovati i resti di una donna in una cittadina della Florida, un cadavere di cui non si scoprì mai l’identità. Nel ’96, ben diciannove anni fa, un camionista americano, tale Keith Hunter Jesperson, aveva confessato di aver ucciso una ragazza dopo averle dato un passaggio. La ragazza, secondo la testimonianza del camionista, aveva asserito di chiamarsi Suzanne, il nome con cui Ylenia si faceva chiamare da quando era in America. La stessa ragazza, ha proseguito, gli aveva chiesto un passaggio per il Nevada o la California. Keith la uccise proprio alla stazione di servizio di Tampa (Florida). Con l’aiuto di un perito, insieme all’assassino, lo sceriffo avrebbe ricostruito il volto della giovane donna trovata uccisa che assomiglierebbe al viso della figlia di Albano. Intanto, i resti della donna, erano rimasti senza un’identità, ma solo ora il capo della polizia, che in tutti questi anni non ha mai smesso di cercare di sapere chi fosse quella donna, ha ricollegato quei resti con Ylenia. Disse di aver ucciso una ragazza alla stazione di servizio di Tampa. Adesso gli investigatori della Florida hanno chiesto il dna di tutta la famiglia Carrisi, compresa Romina, per confrontarlo con quei resti. Una pista che l’Interpol ha ritenuto così attendibile da mettersi in contatto con i carabinieri di Brindisi per far prelevare il Dna dai famigliari.

Un dolore che non ha mai fine
Albano, in un’intervista effettuata domenica a “L’arena” di Giletti, ha ammesso che è un dolore che non si attenua mai. «Sono delle ferite che niente e nessuno potrà mai ricucire. […] L’ho sentita l’ultima volta a Capodanno, nella notte tra il 1993 e il 1994. Ho visto 5 gatti neri di fronte a casa mia e un piccolo presepe in casa che prese fuoco, e mi sembravano tutti segnali negativi. Lei mi ha detto che si trovava bene ma non le piaceva parlare tramite telefono, questo coso di plastica, e la telefonata è durata poco». Però a questo punto Al Bano si rende conto che non è ancora pronto a parlare di tutto questo: «Ancora un altro minuto poi basta che non ce la faccio» dice a Giletti. E conclude cantando la canzone che le ha dedicato “Un pugno nell’anima”. Un dolore che va avanti da 22 lunghi anni, che sembra aver trovato ora un tragico epilogo.

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