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Funerale Umberto Eco, a rendergli omaggio amici e parenti. Presente anche Benigni

Ultimo saluto all’autore de “Il nome della rosa”. Tanti i milanesi davanti al Castello. Grandi parole da parte di Pisapia, Franceschini, colleghi accademici, amici e il nipote Emanuele. E il 26 uscirà il suo ultimo libro

E’ stata di grande commozione la cerimonia laica di Umberto Eco, svoltasi al Castello Sforzesco di Milano nell’ala Rocchetta alle ore 15 di ieri. Il feretro ha varcato la soglia del Castello intorno alle ore 14:30, dove lo attendevano già i personaggi politici, i famigliari e tutti gli amici a lui più vicini, oltre che un limite di 800 persone, limite posto per questioni di sicurezza. La celebrazione ha visto l’elogio di persone a lui care come Mario Andreose, grande amico di Umberto, Elisabetta Sgarbi, Moni Ovadia, il nipote Emanuele, Furio Colombo, compagno d’università, e Gianni Coscia, amico di liceo, avvocato e fisarmonicista. A dire parole di commiato anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, e Giuliano Pisapia sindaco di Milano. Molti i personaggi noti come Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi, Carlo De Benedetti con la moglie, Aldo Grasso, Stefano Bartezzaghi, Piero Fassino, il presidente della Rai Monica Maggioni e il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto. Accompagnano la cerimonia, come voluto dalla moglie Renate Ramge, le note di “La follia” di Arcangelo Corelli, suonata da clavicembalo, da viola e gamba dell’orchestra Verdi: questa era una delle melodie che Eco amava molto e che suonava spesso in compagnia di Gianni Coscia, il primo suonava il flauto dolce, il secondo l’accompagnava con la fisarmonica. Il feretro si ergeva tra la corona di fiori del presidente del Consiglio Matteo Renzi, quella del presidente della Repubblica Sergio Mattarella portata da due corazzieri, e la corona di fiori della presidente della Camera Boldrini. Spiccavano i gonfaloni dei comuni di Milano, Bologna, Torino e Alessandria; della Regione Lombardia, della città metropolitana di Milano e dell’Istituto superiore Saluzzi Piana di Alessandria, Monte Cerignone, il paese delle Marche dove si trova la sua casa di campagna e di San Leo. La toga universitaria, posta accanto al feretro, ricordava che Eco non era solo un giornalista, un semiologo o un filosofo, ma era anche un docente. Centinaia di milanesi alle porte del Castello per voler omaggiare il grande autore prima della cremazione.

Le cariche funzionarie stimano il professore
Parole di commozione nascoste tra gli elogi di tutti coloro che sono saliti sul piccolo leggio per parlare della propria esperienza con l’autore. Giuliano Pisapia è il primo che si esprime ricordandolo: «Grazie per il tuo coraggio culturale e civile. Grazie per essere stato l’interprete dell’anima di questa città, sei e sarai il grande orgoglio per l’Italia intera» dice commosso. Dario Franceschini lo ricorda con un aneddoto: «Nel luglio 2015 ad Expo, Eco ha parlato ad una platea di ministri della Cultura di tutto mondo e ha detto loro: “Voi ministri dovete promuovere la comprensione tra i popoli. Nei secoli molta gente si è uccisa perché non si conosceva abbastanza. Siete i promotori della conoscenza reciproca”. Tutti lo guardarono con gratitudine e stupore come si guarda una biblioteca. Eco – continua il ministro – andava guardato come un’opera d’arte mentre fumava il sigaro o faceva ondeggiare il whisky. Perché per lui i silenzi erano come una camminata nella sua mente. Come diceva Conrad: “Come faccio a spiegare a mia moglie che mentre guardo dalla finestra sto lavorando?” Grazie Maestro per aver guardato fuori dalla finestra per tutti noi». Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini dice: «Eco è il simbolo del classicismo innovatore di cui c’è bisogno e di cui il nostro Paese è portatore nel mondo. Abbiamo perso un maestro ma non la sua lezione».

Encomio dai rettori universitari
I professori accademici bolognesi, con cui ha lavorato per ben 41 anni fino al 2007, sono una sola voce con le parole dell’ex rettore Ivano Dionigi dell’Università di Bologna, che ci tiene a ricordare il filosofo con una piccola massima che insegnava ai suoi studenti: «Chi sono i classici? Quelli odiati da giovani, riscoperti da adulti ed amati perché ci allungano la vita. Ora sei uno di loro, grazie perché ci allungherai la vita», conclude. L’attuale rettore Francesco Ubertini, oltre a ricordare i molti studenti che sono riusciti a partecipare alla funzione laica pur essendo fuori dalle mura del Castello, annuncia che buona parte dell’inaugurazione del 928esimo anno accademico sarà dedicata alla memoria di Eco. In onore del professore è stata portata anche la sua toga, posta su un banchetto di fianco alla bara.

Affettuose le parole di Benigni, Sgarbi e il nipote
Roberto Benigni non ha tenuto l’elogio, ma in una breve intervista a la “Repubblica” ha detto: «Quando arrivava lui diventava tutto speciale, arrivava un vento che faceva bene al mondo. Di persone come lui c’è bisogno più sulla terra che nel cielo. Umberto era leggero ma anche pesante, aveva gravità» facendo capire che il rapporto tra i due era molto intimo. Encomio molto dolce e affettuoso anche dal nipote Emanuele, il più grande tra i tre che ha avuto, che nonostante la giovane età ha apprezzato il bagaglio che il nonno gli ha lasciato e costruito attraverso viaggi, libri e piccole lezioni di vita. Elisabetta Sgarbi si è mostrata molto provata per la perdita: «La sua grandezza la dobbiamo capire. Era un amico e lo ringrazio d’averci voluto così bene. Ci ha voluto bene con la sua scelta di fondare una casa indipendente, lui che avrebbe potuto andare ovunque, ha creduto fortemente nell’idea, e questo lo fa un uomo assoluto e completo. Non aveva bisogno di fondarla ma l’ha fatto, “perché si deve, per regalare un futuro” disse. La nave è salpata. Noi – dice Sgarbi – avremmo voluto vederlo lavorare nella sua stanza e ascoltare i suoi rimproveri per i nostri errori», spiega commossa. Inoltre, la stessa direttrice de “La nave di Teseo” ha spiegato alla Rai, prima dell’inizio della cerimonia, che l’ultimo lavoro di Eco, “Pape Satàn aleppe”, come il verso del Canto VII dell’Inferno di Dante, uscirà il prossimo 26 febbraio in tutte le librerie. Conclude la cerimonia Moni Ovadia, il regista di origini ebree molto amico di Umberto che ha dato un’idea molto personale del professore che ha conosciuto, consacrando alla fine la sua dipartita: «Ti dono la benedizione di un credente a un non credente “Che Dio ti benedica soprattutto perché non credente perché Dio sopporta i credenti ma predilige decisamente gli atei”» chiude così la cerimonia commemorativa laica, che ha anticipato la cremazione dello scrittore. Tra la folla al di fuori del Castello molti sono cittadini comuni, tra studenti o semplici lettori e amanti dei suoi libri e della sua carriera, giunti per onorare un’ultima volta il filosofo, ma prima di tutto il professore, che ha insegnato ad andare sempre incontro a ciò che non si conosce e a mettere in discussione anche ciò che si conosce.

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