I genitori di Giulio Regeni, nel corso di una conferenza stampa al Senato, hanno chiesto alle autorità di chiarire una volta per tutte le circostanze che hanno portato alla morte del giovane ricercatore al Cairo. Per la famiglia Regeni sono implicati i servizi segreti egiziani
Nel corso di una conferenza stampa organizzata il 29 marzo al Senato, la famiglia di Giulio Regeni ha chiesto alle autorità italiane di chiarire una buona volta le circostanze che hanno portato alla morte del giovane ricercatore universitario, scomparso il 25 gennaio e poi successivamente rinvenuto cadavere lo scorso 3 febbraio al Cairo. «Se il prossimo 5 aprile, giorno dell’arrivo in Italia degli investigatori egiziani, sarà una giornata vuota, confidiamo in una risposta forte del governo – ha dichiarato Paola Regeni, la madre di Giulio – noi continuiamo ad aspettare una risposta su Giulio e ci auguriamo di cuore di non dover arrivare a mostrare l’immagine del suo corpo dopo le torture subite al Cairo». Il prossimo 5 aprile è previsto un incontro tra la polizia italiana e quella egiziana, entrambe impegnate sul caso della morte del giovane.
«Su di lui scaricato tutto il male del mondo»
Il 5 aprile sarà finalmente trasmessa tutta la documentazione richiesta dall’Italia più volte ed anche quella successivamente raccolta in Egitto dopo tale richiesta. Lo ha garantito il procuratore generale della Repubblica araba d’Egitto, Ahmed Nabil Sadek, nel corso di una telefonata avuta con il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. «Forse è dal nazifascismo che in Italia non ci trovavamo di fronte ad una tortura così efferata come quella che ha subito Giulio – ha proseguito la signora Paola – ma mio figlio non era andato in guerra come i partigiani, per i quali ho peraltro il massimo rispetto. Era solo un ricercatore ed è stato torturato e ucciso. Nel suo viso abbiamo visto tutto il male del mondo, non vi dico che cosa gli hanno fatto, ma quando sono entrata all’obitorio l’ho riconosciuto solo dalla punta del naso. Per il resto non era più lui. Rispetto alla nostra storia, Giulio è un caso isolato, ma non lo è rispetto a quello che è successo a tanti altri egiziani».
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