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Giulio Regeni: il corpo doveva sparire. Molte fratture, gli ultimi istanti di vita

Giulio Regeni torturato e ucciso. La prima autopsia, svoltasi all’istituto di medicina legale ‘La Sapienza’, ha rilevato che Regeni è morto in seguito a frattura delle colonna cervicale e conseguente crisi respiratoria

Dalla prima autopsia, sul corpo dello studente italiano, ritrovato morto al Cairo, è emerso che il ragazzo è stato torturato per diverso tempo. L’ultima frattura recatagli è stata fatale. Una torsione innaturale del collo del giovane da parte di una persona che gli stava di fronte, ha avuto come conseguenze la rottura del midollo spinale e una conseguente crisi respiratoria, alle quali è seguita, infine, la morte. Nessuna fonte certa, tanti punti interrogativi e nessuna verità, di certo c’è che, per i suoi aggressori, Giulio doveva morire e che il suo corpo doveva scomparire. Non sarebbero emersi segni di abusi o di violenze sessuali subìti dal giovane. «E’ stato un pugno allo stomaco, e il respiro non è ancora pienamente tornato. Abbiamo potuto vedere gli esiti dell’autopsia, è qualcosa di inumano, una violenza animalesca», ha affermato Angelino Alfano, ospite de L’Intervista di Maria Latella, su Sky Tg24: «E’ interesse pieno del presidente Al Sisi collaborare, abbiamo mandato i nostri in Egitto, lavorano in una squadra mista con l’Egitto, spero che ci sia la massima collaborazione. Riportare a galla la verità vuol dire anche evitare che altre vite siano spezzate in questo modo», ha proseguito.

La morte di Regeni fa onore all’intera Italia
«Quella morte fa onore all’intera Italia, è il sacrificio di un ragazzo che cercava la verità. Io lo prenderei con il massimo della serietà un funerale di stato, poi non compete a me, deciderà il presidente del Consiglio», ha affermato Angelino Alfano. A Fiumicello, in provincia di Udine, è stato dichiarato il lutto cittadino. Sospesi i festeggiamenti del Carnevale, listati di nero i locali pubblici. Ieri alle 10.30 la messa e alle 18 la fiaccolata in ricordo del ricercatore, in cui hanno partecipato anche la comunità musulmana locale e una ventina di comuni limitrofi con i rappresentanti municipali. «Ucciso per quello in cui credeva», dice il parroco di Fiumicello, don Luigi Fontanot. Il parroco ha anche spiegato la parabola scelta per l’omelia durante la messa di ieri mattina: «Di solito quando pensiamo al martire pensiamo ad una figura da supereroe, invece si tratta di persone normalissime», ha aggiunto il parroco.

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