Incidente Polcevera a Genova, pescatore: “Visto nel mare una grossa chiazza di petrolio”

«Ero in mare a circa un miglio da terra e mi sono ritrovato in una grossa chiazza di petrolio. Non era olio, né altro: era petrolio», è la testimonianza di un pescatore ligure in merito al cedimento dell’argine di contenimento del petrolio sul Polcevera

Incidente Polcevera a Genova, pescatore: "Visto nel mare una grossa chiazza di petrolio"

Domenica 17 aprile durante un trasferimento di petrolio si rompono alcune condutture e il materiale oleose arriva al torrente Polcevera in provincia di Genova. Si forma così una macchia di 28 Km tra Genova e Savona. Il petrolio dal torrente si sta adesso riversando nel mare e a prova di ciò la testimonianza di un pescatore ligure, Felice Mammoliti, che denuncia all’Adnkronos la presenza di grosse chiazze di petrolio in mare già nei primi giorni dopo l’incidente che ha causato lo sversamento del greggio nel Polcevera. «L’altro ieri – racconta il pescatore – ero in mare a circa un miglio da terra; ho calato le reti in mare davanti alla Lanterna e mi sono ritrovato in una grossa chiazza di petrolio. Non era olio, né altro: era petrolio. Quanto grossa? Un paio di miglia di lunghezza per tre di larghezza, E’ evidente che inizialmente, tutti hanno pensato che il petrolio non fosse arrivato in mare, e infatti gli interventi si sono concentrati tutti all’interno. Le squadre sono state subito operative, soprattutto i Vigili del Fuoco e le autorità marittime, ma anche mezzora di tempo in un caso come questo fa tanto. Basta 1 litro di petrolio per inquinare parecchie miglia».

«Danno più grosso fatto alla natura»
«Con me, in famiglia – racconta ancora Mammoliti – siamo alla quinta generazione di pescatori e temo che sarà anche l’ultima. A fare questo lavoro sono rimaste circa 600 barche e 1.500 operatori che se spariranno, lasceranno un vuoto immenso in termini di tradizione e cultura, ma anche di conservazione del mare, perché noi piccoli pescatori siamo come i contadini per la terra: un presidio di tutela». «Il danno più grosso è stato fatto alla natura per noi che ci lavoriamo, certamente crea disagio, la gente tende a comprare meno pesce e il rischio è che, come al solito, si decida di risolvere il problema mettendo dei divieti di pesca. E noi siamo rimasti già in pochi».

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