Intesa storica Giappone-Corea del Sud: dopo 70 anni le scuse per le “donne conforto”

Venivano ingannate, rapite e violentate dai soldati giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo 70 anni l’intesa storica: il Giappone chiede scusa alla Corea del Sud per gli abusi commessi ai danni delle cosiddette “comfort women”. Sud Corea: «Se il Giappone manterrà le promesse, la questione è risolta finalmente e irreversibilmente»

Intesa storica Giappone-Corea del Sud: dopo 70 anni le scuse per le "donne conforto"

Dopo ben 70 anni il Giappone ha deciso di chiedere scusa alla Corea del Sud, firmando un accordo di pacificazione su quello che da decine di anni è stato il principale scoglio da superare tra i due Paesi asiatici a livello diplomatico, ovvero la questione delle cosiddette “comfort women”, o “ianfu”, le donne rapite durante la Seconda Guerra Mondiale e obbligate a donare piacere, benessere e comfort ai soldati giapponesi. In realtà le donne costrette a prostituirsi non erano solo coreane, ma anche originarie delle Filippine, della Cina, del Vietnam e della Thailandia, tutti territori che all’epoca erano sotto il controllo di Tokyo. Si trattava per lo più di giovani donne, allontanate dalla propria casa con la promessa di dar loro un lavoro, e portate invece nei “comfort center”, luoghi in cui venivano picchiate selvaggiamente e stuprate. I giapponesi parlano di 20mila donne usate come schiave del sesso, mentre secondo i coreani sarebbero addirittura più di 400mila le vittime dei soldati nipponici. Da allora l’ostilità dei due governi asiatici è stata sempre massima, anche e soprattutto perché il Giappone non ha mai voluto riconoscere le colpe dei suoi soldati e gli abusi da loro commessi, e chiedere scusa alla Corea del Sud. Oggi, invece, a 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, finalmente le scuse ufficiali. L’annuncio è stato dato dal ministro giapponese degli Esteri Fumio Kishida, il quale ha riferito che un fondo destinato alle comfort women riceverà presto un miliardo di yen, pari a sette milioni e mezzo di euro, dal governo nipponico. «Se il Giappone manterrà le promesse, la questione è risolta finalmente e irreversibilmente», ha detto invece il ministro sudcoreano Yuon Byung-se.

Una vittima: «Nessuna alternativa, dovevamo solo subire» – Moltissime donne morirono, mentre le sopravvissute, nel dopoguerra, hanno taciuto per il forte senso di vergogna. È per questo motivo che fino ad oggi si ha solo una testimonianza delle ionfu rapite e stuprate dai militari giapponesi: quella di un’anziana vittima che, sotto lo pseudonimo di Suzuko Shirota, ha raccontato in un libro della tragica esperienza vissuta da bambina: «Non c’erano alternative, eravamo costrette ad andare, altrimenti saremmo state considerate traditrici. Venivamo rinchiuse e obbligate a fare cose che nessuna adolescente o donna dovrebbe mai trovarsi a compiere. Il nostro compito era ridare energia ai soldati. Il sabato mattina si mettevano in fila dalla mattina presto e continuavano fino alle otto di sera. Non ci sono parole per descrivere ciò che abbiamo subito, ancora oggi non potrei vivere senza i farmaci».

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