M5S propone il taglio stipendi parlamentari. Maggioranza (e non solo) compatta sul No

La renziana Alessia Morani: «Volete ridurvi lo stipendio? Tagliatevelo voi da domani». Un’autogol del Pd in quanto gli eletti del M5S restituiscono già metà dello stipendio da quando sono entrati in Parlamento e la diaria non rendicontata, pubblicando online i rimborsi spese che ricevono nel dettaglio

M5S propone il taglio stipendi parlamentari. Maggioranza (e non solo) compatta sul No

La proposta di legge del Movimento 5 stelle a prima firma Roberta Lombardi, che propone il taglio degli stipendi dei parlamentari è arrivata alla Camera in una Montecitorio quasi deserta dove tutti i partiti hanno fatto le barricate trovando ogni tipo di giustificazione possibile pur di non votare il ddl. Si calcola un risparmio di oltre 87 milioni di euro se dovesse diventare legge. Il voto è previsto per il 25 ottobre ma a causa di un vizio di forma potrebbe rischiare di tornare in Commissione Affari Costituzionali e quindi essere votata dopo il Referendum Costituzionale. In ogni caso non sembra ci sia alcuna possibilità che i partiti votino a favore di tale proposta di legge. C’è chi l’ha chiamata “farsa”, “demagogia”, “populismo”. Chi invece fa un’autogol gigantesco come Alessia Morani del Partito Democratico che dice: «Volete ridurvi lo stipendio? Tagliatevelo voi da domani». La renziana doc non sa però o fa finta di non sapere che gli eletti del M5S restituiscono già metà dello stipendio da quando sono entrati in Parlamento e la diaria non rendicontata, pubblicando online i rimborsi spese che ricevono nel dettaglio e destinando, il tutto destinato ad un fondo per la piccola e media impresa.

C’è chi come Renato Brunetta di Forza Italia propone il rilancio di una proposta perché l’indennità venga calcolata sulla base del reddito pregresso: pagare di più chi è già ricco e meno chi è povero. Il deputato dem Alan Ferrari: «Non è questo il modo per ridare dignità alla politica». Il collega Marco Miccoli ha un’altra scusa: «E’ un tema che aiuta molto a nascondere l’assenza totale di risultati ottenuti dal M5s. Il dibattito di oggi si trasforma, per motivi elettorali, nella sagra della demagogia e del populismo più inconcludente».

Anche il leader dei pentastellati Beppe Grillo è sceso a Roma per essere presente in Parlamento al momento del voto, se mai ci sarà: «Renzi poteva dire ai suoi di votare questa legge ma non lo ha fatto perché pensa che sarebbe una vittoria del M5s. Un ragionamento egoista», ha detto Grillo. Luigi Di Maio si è invece rivolto direttamente al presidente del Consiglio: «Renzi ci dica chiaramente se il Pd voterà oppure no il nostro disegno di legge. Se vogliono fare proposte ben venga, se invece vogliono rimandare il testo in commissione significa affossare tutto e tenersi il malloppo».

La controproposta di Renzi: «Tagliare gli stipendi in proporzione alle assenze»
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ospite a “In mezz’ora” di Lucia Annunziata aveva accusato di assenteismo Luigi Di Maio, con «il 37% di presenze in aula», proponendo allora di tagliare gli stipendi in proporzione alle assenze. La risposta del pentastellato a Rtl 102.5: «In realtà io ho solo il 12% di assenze, il resto ovviamente, io sono un vicepresidente della Camera, quando non voto, mi trovo o a presiedere o a svolgere un’altra serie di funzioni che mi vedono in missione. Infatti tre vicepresidenti su quattro abbiamo circa lo stesso numero di voti in missione, quindi in linea». Comunque «va benissimo l’idea di Renzi, se però si parte dalla base dello stipendio dimezzato, perché oggi già esiste una norma alla Camera e al Senato per cui se non partecipi a una giornata di voti ti tolgono 250 euro, però se il tuo stipendio base è 10mila lordi euro più rimborsi, capirai che 250 euro che ti tagliano sono relativi».

La firmataria Roberta Lombardi
Roberta Lombardi del M5S, firmataria della proposta di legge sul taglio degli stipendi dei parlamentari: «In un referendum in cui uno dei temi forti sono i risparmi della politica, una volta tanto il risparmio non viene dal tagliare la democrazia da parte di un premier che non è mai stato eletto, forse qualche problema con le elezioni evidentemente ce l’ha, ma è tagliare un privilegio, cioè gli alti stipendi dei politici. Ci sembra che alla fine 3000 euro netti al mese di stipendio, più 3500 euro di diaria, più 3690 euro di spese di esercizio mandato non siano una cifra piccola per svolgere l’attività di parlamentare».

Impostazioni privacy