Napoli, arrestati i tre albanesi che rapinavano in ville: torture per farsi aprire le casseforti

I carabinieri di Casoria hanno arrestato tre albanesi accusati di fare parte di una violentissima banda che avrebbe messo a segno diverse rapine in villa negli ultimi mesi tra la Campania e la Basilicata; per farsi aprire le casseforti non esitavano a torturare le vittime

Napoli, arrestati i tre albanesi che rapinavano in ville: torture per farsi aprire le casseforti

Una feroce banda di rapinatori albanesi è stata sgominata ieri dai carabinieri di Casoria, i quali hanno individuato la loro base a Caivano da dove partivano con auto rubate e modificate per compiere violente rapine in villa in stile “Arancia Meccanica” tra la Campania e la Basilicata; tre persone sono finite in manette. La banda era ben organizzata, con le armi accuratamente nascoste nella zona attorno alla base, e si è anche resa protagonista di fughe rocambolesche condite con sparatorie e posti di blocco forzati. Gli albanesi arrestati sono tre, ma la banda era composta da almeno otto persone; gli indagati usavano auto velocissime e modificate, ricorrendo anche ad un trucco ingegnoso per non farle mai identificare. Infatti, al momento di compiere le rapine applicavano alle vetture targhe di auto rubate, mentre durante i sopralluoghi utilizzavano targhe “pulite”.

Pestaggi, torture e sequestri
La crudeltà della banda era praticamente la firma dei suoi componenti, che da Caivano si spostavano in tutta la Campania fino ad arrivare in Basilicata per mettere a segno i colpi nelle ville isolate; uno di loro è stato identificato proprio grazie alle descrizioni delle vittime. Si tratta di Jakimi Enver, 50 anni, ricercato anche in Albania per rapina e omicidio; gli altri cinque componenti della banda erano stati arrestati già nel dicembre scorso, localizzati in un casolare di campagna di Cardito in cui avevano opposto una strenua resistenza alle forze dell’ordine prima di finire ammanettati. Il loro modus operandi era fatto apposta per terrorizzare: passamontagna e tute neri, finestre sfondate per entrare in casa, vittime tenute in ostaggio, torturate e picchiate fino alla perdita dei denti pur di farsi dire le combinazioni delle casseforti o dove fossero i gioielli. I malviventi non si preoccupavano neppure della presenza di bambini. In un caso, avevano persino cercato di uccidere uno dei rapinati, ma per fortuna la pistola si inceppò; in un altro caso, intercettati dai carabinieri, erano fuggiti con un’auto a folle velocità prima di abbandonarla e fuggire a piedi.

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