Omicidio Lidia Macchi: trent’anni dopo arrestato un ex compagno di scuola

La giovane, 21 anni all’epoca della morte, fu uccisa con 29 coltellate in un bosco nei pressi di Cittiglio (Varese) il 7 gennaio 1987; adesso, la Squadra mobile di Varese ha risolto il cold case arrestando Stefano Binda, oggi 47enne, ex compagno di liceo di Lidia

Omicidio Lidia Macchi: trent'anni dopo arrestato un ex compagno di scuola

Dopo 29 anni il giallo è stato risolto: la Squadra Mobile di Varese ha arrestato il quarantenne Stefano Binda, accusato di aver stuprato e poi ucciso con 29 coltellate la studentessa ventenne Lidia Macchi in un bosco vicino a Cittiglio (Varese), il 7 gennaio 1987. L’arresto è stato dispoto dal gip di Varese su richiesta del sostituto procuratore generale di Milano, Carmen Manfredda. Secondo quanto si è saputo, Binda, oggi 47enne, è un ex compagno di liceo della Macchi. Lidia Macchi aveva 21 anni all’epoca dell’omicidio ed era studentessa di Legge alla Statale di Milano, oltre ad essere capo guida scout della sua parrocchia di Varese. Sia lei che Binda frequentavano anche gli stessi ambienti di Comunione e Liberazione; e pare proprio che il movente sia riconducibile ad un’esaltazione di tipo religioso da parte dell’uomo. Secondo le indagini, che hanno portato all’arresto ieri mattina, Binda avrebbe ucciso Lidia perchè era convinto che lei si era concessa e non avrebbe dovuto farlo per via del suo ossessivo “credo religioso”. Un’esaltazione alimentata anche dall’abuso di eroina, della quale Binda è un abituale consumatore a tutt’oggi.

Anni di indagini e lettere anonime
La Macchi scomparve il 7 gennaio 1987 dopo essere andata a trovare un’amica ricoverata all’ospedale di Cittiglio (Va); subito erano scattate le ricerche di parenti, amici e compagni di CL, finchè il suo cadavere non fu ritrovato in un bosco vicino alla cittadina varesotta. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Binda sarebbe anche l’autore dell’inquietante lettera anonima recapitata il 10 gennaio 1987 alla famiglia Macchi, nel giorno dei funerali di Lidia, intitolata “In morte di un’amica” e in cui descriveva riferimenti impliciti ed inquietanti sull’omicidio della studentessa. L’inchiesta per la morte della Macchi era stata riaperta nel 2013 ed ha portato anche all’archiviazione della posizione di un religioso che conosceva Lidia e che all’epoca fu anche fortemente sospettato del delitto; inoltre, l’inchiesta aveva anche spinto gli inquirenti ad indagare sulla figura di Giuseppe Piccolomo, già all’ergastolo per il cosiddetto “delitto delle mani mozzate” commesso sempre in provincia di Varese, ma una nuova perizia sul corpo e l’auto di Lidia lo ha scagionato definitivamente nei mesi scorsi. La svolta è avvenuta tramite il riscontro di alcune testimonianze.

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