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Parla un ostaggio dell’Isis e rivela: “So cosa temono. Sono più stupidi che cattivi”

Nicolas Henin è stato ostaggio dell’Isis per dieci mesi. Adesso racconta alcuni dettagli della sua esperienza: «Si presentano come supereroi, ma lontani dalle telecamere sono piuttosto patetici: ragazzi di strada ubriachi di ideologia e potere. La chiave è mantenere cuori forti. La loro paura più grande è l’unità»

«So di cosa ha paura l’Isis». Ne è certo Nicolas Henin, prigioniero dei jihadisti per dieci mesi, che ha raccontato la sua terribile esperienza attraverso uno scritto uscito sul Guardian e tradotto da Internazionale. «Sono più stupidi che cattivi. Saranno rincuorati da qualsiasi segno di reazione esagerata, di divisione, di paura, di razzismo, di xenofobia», ha spiegato. Nicolas, giornalista francese, ha raccontato inoltre di aver visto morire con la lama al collo diverse persone, ostaggi come lui dell’Isis, e di aver incontrato personalmente Mohammed Emwazi, più conosciuto come Jihadi John. «Si presentano come supereroi, ma lontani dalle telecamere sono piuttosto patetici: ragazzi di strada ubriachi di ideologia e potere», ha detto. Nicolas racconta dunque qual è l’indottrinamento dei militanti del sedicente Stato Islamico e quale sia il loro vero timore dopo gli attentati a Parigi: «In questo momento non c’è alcuna strategia politica né alcun piano per confrontarsi con la comunità araba sunnita. Il gruppo Stato islamico crollerà, ma accadrà per un processo politico. Nel frattempo c’è molto da guadagnare all’indomani di queste atrocità, e la chiave è mantenere cuori forti e resilienti, perché è proprio quello che loro temono più di tutto. Io li conosco: si aspettano i bombardamenti. Temono più di tutto l’unità. E invece la nostra risposta saranno le bombe. Forse la vendetta era inevitabile, ma servirebbe una maggiore cautela. Ho paura che questa reazione non farà che peggiorare una situazione già brutta».

«Inscenavano esecuzioni finte, ma si prendevano solo gioco di noi» – Nicolas racconta anche alcuni dettagli della sua prigionia: «Tutti quelli decapitati nel 2014 sono stati miei compagni di cella, e i miei carcerieri si divertivano a torturarci psicologicamente dicendoci un giorno che saremmo stati liberati, per poi dirci due settimane dopo: ‘Domani uccideremo uno di voi’». Le prime volte era terrorizzato, come lo erano tutti gli altri ostaggi, che credevano davvero sarebbe stato il loro turno il giorno dopo, «ma poi abbiamo capito che raccontavano balle per divertirsi a nostre spese». «Inscenavano esecuzioni finte. Una volta con me hanno usato il cloroformio. Un’altra volta si trattava di una scena di decapitazione. Un gruppo di jihadisti che parlavano francese urlavano ‘vi taglieremo le teste, ve le metteremo sul culo e caricheremo il video su YouTube’», ha aggiunto Nicolas. «Avevano preso una spada in un negozio di antiquariato. Ridevano e io stavo al gioco urlando, ma volevano solo divertirsi. Una volta andati via, mi sono voltato verso un altro ostaggio francese e mi sono messo a ridere. Era davvero ridicolo. Mi ha colpito vedere quanto siano connessi dal punto di vista tecnologico; seguono le notizie in modo ossessivo, ma sempre commentandole attraverso i loro filtri. Sono completamente indottrinati, si aggrappano a teorie cospirative di ogni genere, non ammettono contraddizioni», ha scritto il giornalista, lasciando infine una sua analisi: «Tutti si chiedono ‘perché proprio la Francia?’. Le ragioni sono probabilmente molte, ma penso che l’Isis abbia identificato il Paese come un anello debole in Europa, un luogo in cui è molto facile seminare divisioni. Ecco perché quando mi chiedono come dovremmo reagire, io rispondo che dovremmo agire in modo responsabile».

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