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Antimafia, Roberti agli studenti: “Mafie radicate in Emilia Romagna, ma l’omertà sta crollando”

A Bologna per parlare con gli studenti, Franco Roberti, il procuratore nazionale antimafia, ha parlato del potere mafioso in Emilia Romagna dichiarando che «la lotta al malaffare è anche una questione culturale, occorre presa di coscienza civile»

E’ uno scenario inquietante, ma forse ancora risolvibile quello ritratto dal procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti agli studenti bolognesi: secondo la Direzione nazionale Antimafia, l’Emilia Romagna è da tempo in preda della malapianta delle cosche mafiose, ma sembra che qualcosa stia finalmente cambiando perchè «registriamo un inizio di rottura rispetto ad un passato di silenzio ed omertà da parte della società civile, una maggiore acquisizione di consapevolezza della gravità del fenomeno dell’insediamento ndranghetista e la volontà di reagire». Secondo Roberti, è il momento per l’Emilia Romagna, e non solo, di reagire a tutto questo: «Lo Stato può vincere sul crimine organizzato, ma bisogna volerlo veramente. Bisogna prima di tutto avere una presa di coscienza civile ed anche corale, e solo allora lo Stato potrà reagire in tutte le sue articolazioni e sconfiggere la mafia» ha spiegato il procuratore ai ragazzi arrivati all’incontro organizzato all’università dal progetto della Regione “ConCittadini”.

Troppa sottovalutazione
In Emilia la mafia «si è insediata come in altre regioni, con la forza dei soldi e degli stupefacenti, ramificandosi con la corruzione. Sono soldi che portavano loro, ma anche competenze e servizi nei confronti della società civile; queste sono le loro esche, purtroppo sempre fruttuose. Ma ora – ha aggiunto Roberti – dopo anni di negazione, disattenzione, sottovalutazione e grazie ad un’assunzione di responsabilità dell’autorità giudiziaria e delle forze di polizia, come con l’indagine “Aemilia” che ha gettato un fascio di luce sulla ndrangheta al Nord, tutto questo è venuto finalmente fuori; adesso basta cogliere questa opportunità di consapevolezza per reagire e fare uno scatto di svolta. Ci vogliono scelte politiche, ma anche una nuova cultura perchè questo è anche un fatto culturale».

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