Sangue infetto, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia: risarcire i contagiati

La Corte di giustizia di Strasburgo condanna l’Italia per non aver ancora risarcito circa 350 cittadini per oltre 10 milioni di euro, dopo che hanno contratto malattie col il sangue infetto. Ora l’Italia si adopera per rimborsare gli ammalati

Sangue infetto, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia: risarcire i contagiati

La Corte europea di Strasburgo ha emesso una condanna nei confronti dello Stato italiano per non aver ancora risarcito i 350 cittadini italiani che vennero infettati dai virus dell’Hiv e dell’epatite B e C a causa delle trasfusioni di sangue infetto. Un’operazione avvenuta circa 30 anni fa nel 1975, in cui alcuni cittadini effettuarono un ciclo di cure o operazioni chirurgiche importanti e dovettero effettuare trasfusioni. La condanna da parte di Strasburgo accusa la legislazione italiana di ritardi enormi superiori ai sette anni di massima in cui lo Stato italiano avrebbe dovuto risarcire per danni morali i pazienti infetti. Tuttavia, la legge italiana ha impedito a parecchi italiani fin dal Decreto del 2012 d’accedere ai risarcimenti. Dunque, secondo la corte europea, bisogna rimborsare gli italiani con un ulteriore risarcimento monetario per oltre 10 milioni di euro. La sentenza nacque nel giugno 2012, quando ad appellarsi alla Corte europea dei diritti umani, tra il 2012 e il 2013, sono stati 889 cittadini italiani nati tra il 1921 e il 1993, infettati in seguito a trasfusioni. A rappresentarli fu il legale dell’Associazione giovanile talassemici di Lecce, ha presentato un ricorso all’Europa: «Siamo 889 cittadini italiani Si tratta di una causa pilota attorno al quale sono stati riuniti gli altri ricorsi in materia presentati sul territorio nazionale».

Il risarcimento degli italiani c’è stato, ma era limitato
Dopo che si registrarono diversi casi d’epatite, e dopo che diversi pazienti effettuarono denunce anche al Ministero della Salute, nel 1992 si propose un decreto legge, la legge n.210 che decretava un indennizzo pari ad un assegno da 540 euro al mese e il risarcimento integrale dei danni per i mancati controlli dello Stato nella raccolta di sangue per uso terapeutico, poi risultato infetto. Non tutti però ebbero il risarcimento né ebbero modo di fare la domanda per ottenere il rimborso mensile. Rimasero fino al 2008 circa 20 mila persone che dal 1999 avevano già fatto domanda chiedendo un risarcimento per i danni subiti, ma vennero poi limitati sia da problemi burocratici che per via di un decreto del 2012. Il decreto ministeriale 162/2012 escluse, di fatto, la maggior parte dei partecipanti dalle transazioni. Citando dal decreto: “[…] La procedura non si applica per le trasfusioni avvenute prima del 1978 e il diritto cade in prescrizione se la richiesta non è stata fatta entro 5 anni dal riconoscimento del danno biologico […]” dunque se la denuncia dell’ammalato in questione risaliva a prima del ’95, non ci sarebbero stati rimborsi. Inoltre, coloro che riuscirono ad avere un rimborso riferiscono che le procedure d’indennizzo sono durate troppo a lungo, in media oltre i sette anni. Altri ricorrenti hanno lamentato che non è stata data esecuzione a sentenze in loro favore. Tuttavia, nonostante le richieste di risarcimento giunte alla Corte europea superassero addirittura le 25mila domande, durante quest’anno la Corte di Strasburgo ha accolto solo 371 ricorsi. In sette casi addirittura, i giudici hanno stabilito risarcimenti per danni morali che vanno dai 73 ai 350.000 euro, determinando che l’Italia ha violato il diritto a un equo processo. In più, per la Corte, lo Stato italiano, ha violato il diritto alla vita dei ricorrenti a causa della durata dei procedimenti per 364 ammalati: per loro è stato quindi fissato un risarcimento per danni morali che varia tra i 20 e i 35.000 euro.

In piazza le vittime delle trasfusioni
L’Associazione politrasfusi è scesa in piazza davanti al quirinale con tutte le 2.605 le vittime di trasfusioni infette ed emoderivati che si sono verificati tra l’85 e il 2008 per far sentire la loro voce. La maggioranza degli infettati che protestano non hanno neanche ricevuto il primo indennizzo ed è un concetto esposto bene dal presidente della stessa associazione Angelo Magrini. Anche lui, come le altre vittime, nel 1991 dopo la trasfusione ha contratto l’epatite C e oggi ha un tumore al fegato e facendosi portavoce ha spiegato: «La nostra lotta va avanti da più di trent’anni e la sentenza di oggi, pur importante perché dà dignità alle persone, non basta e non ci soddisfa. Nel ricorso a Strasburgo avevamo chiesto un risarcimento di 630mila euro per le famiglie degli infettati deceduti e di 430mila euro per i viventi. La Corte ha riconosciuto risarcimenti inferiori, e solo per i viventi. E in questi 30 anni, 4.500 persone sono morte senza ricevere nemmeno un soldo» è la lamentela di Magrini. In molti sono coloro che non sono neanche stati presi in considerazione dal Ministero, e in molti sono coloro che continuano a morire per un errore avvenuto troppi anni fa, ha concluso Magrini.

Il Governo rimborserà i casi citati da Strasburgo
Dal Governo in ogni caso è già arrivato l’ok per il rimborso dei casi citati dalla Corte, ma per tutti gli altri casi che attendono una risposta dallo Stato, bisognerà attendere ulteriormente. E nonostante i tagli previsti alla sanità dalla Legge di Stabilità, La Lorenzin sta lavorando affinché tutti possano ricevere una restituzione. Giovanni Monchiero della commissione Sanità della Camera ha detto: «È una sentenza, e le sentenze si applicano. Evidentemente la legge aveva avuto delle ‘lacune’ e per questo l’Italia è stata condannata. Mi auguro che le autorità competenti paghino quanto dovuto». Anche alcuni deputati del M5S in commissione Affari Sociali hanno detto la loro: «Occorre che lo Stato si assuma finalmente le responsabilità e saldi il debito con le vittime, che non potranno comunque essere risarcite in salute. È tempo che sia fatta giustizia definitivamente» e auspicano il loro completo sostegno verso le vittime infette, che continuano a morire giorno dopo giorno.

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