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Scomparso Gian Luigi Rondi: addio al numero uno dei critici cinematografici

Se n’è andato a 95 anni il decano dei critici cinematografici, Gian Luigi Rondi; esperto conoscitore del cinema mondiale, fondatore del Festival delle Nazioni di Taormina nonché presidente del Festival di Venezia e del Festival di Roma, Rondi ha lasciato un vuoto considerevole nel panorama culturale

Ci ha lasciato per sempre Gian Luigi Rondi, numero uno dei critici cinematografici italiani e presidente dei David di Donatello; nato a Tirano, in Valtellina, il 10 dicembre 1921, Rondi si è spento nella sua casa romana a 95 anni. La sua carriera era iniziata a guerra appena terminata, nel 1946, sulle colonne del “Tempo”; fattosi poi conoscere nell’ambiente cinematografico, negli anni Sessanta Rondi ebbe la brillante idea di realizzare per la televisione cicli e documentari dedicati ai grandi registi, contemporanei o del passato, ed inizia a partecipare alle giurie dei festival internazionali, da Berlino a San Sebastian. Nel 1970 creò il Festival delle Nazioni e ne divenne il direttore artistico. Rondi però fece parlare di sè anche per quanto riguarda alcune polemiche: noti sono i suoi rapporti tesi con un altro gigante come Pasolini, ma i casi più famosi sono avvenuti al Festival di Venezia.

Venezia e gli altri incarichi
Nel 1971 è presidente della commissione selezionatrice del Festival di Venezia e il Centro Cinematografico Cattolico chiese il suo licenziamento per aver voluto inserire in concorso “I diavoli” di Ken Russell, film ancora oggi poco visibile perchè palesemente contro la gerarchia cattolica. Nel 1986, però, in veste di direttore della Mostra veneziana prese anche lui una sonora cantonata: escluse categoricamente dalla selezione “Velluto blu” di David Lynch, oggi considerato un capolavoro disturbante, e ne criticò aspramente la protagonista Isabella Rossellini. Ma nessuno è perfetto, neanche un fine conoscitore della settima arte come era lui; l’ultimo suo incarico fu nel 2011, quando l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo nominò commissario straordinario della Siae. Uomo sempre attivo fino all’ultimo (odiava l’inerzia), aveva un concetto del giornalismo a tutto tondo ed era molto ironico anche se non lo sembrava.

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