Siria, Isis: quattro esplosioni a Damasco, si contano oltre 140 morti e 200 feriti

Due attacchi in Siria, 140 morti e più di 150 feriti, ma contando anche quelli di ieri mattina il conteggio provvisorio sale a oltre 200. Nuove armi in arrivo per i ribelli. Obama e Putin presto a tavolino per definire nuovi dettagli sulla tregua

Siria, Isis: quattro esplosioni a Damasco, si contano oltre 140 morti e 200 feriti

Si contano 140 morti e oltre 200 feriti nel quartiere Sayyida Zeinab, borgo sciita a Sud della capitale della Siria. Dopo le due autobombe esplose durante la mattinata di ieri a Homs, nello stesso pomeriggio si sono registrate altre esplosioni nel borgo di Zahraa, e quindi altre vittime. Si sono conteggiate quattro esplosioni, prodotte da due kamikaze che si sono fatti detonare con le cinture dopo aver fatto esplodere anche altre due autobombe. La città, controllata dal regime di Assad Kerry, non è la prima volta che subisce forti attacchi da parte degli estremisti islamici dell’Isis, che hanno subito rivendicato l’attacco. Un altro attentato avvenuto ieri mattina, è stato effettuato a Homs, dove erano esplose due autobombe. Questa sequela di attentati sono un preavviso contro l’offensiva al fronte filo Bashar Assad, garantito dai blitz dell’aviazione russa. I gruppi ribelli battono la ritirata, ma il terrorismo e gli attentati paiono in crescita. I media dello Stato, tra televisioni e radio, hanno riportato oltre 50 morti e decine di feriti, ma il Site, verso sera, afferma che il totale di feriti e di morti della giornata ammonterebbe a 180 e oltre 200 feriti. Compresi i morti di ieri mattina il conteggio provvisorio sale a oltre 200 tra tutt’e due gli attentati, ma dagli ospedali si riportano tanti feriti gravissimi, tra cui anche bambini e almeno 11 donne, un monito che spiega chiaramente che i decessi potrebbero aumentare.

Attacchi strategici dei ribelli per riprendere il controllo
Le bombe di Homs sono state fatte esplodere nel quartiere di Zahra. Quartiere che, oltre a far presiedere elementi filo-regime, è noto per essere legato alla famiglia Assad a capo della capitale, e che compone la minoranza di alawiti. Homs è stata una dei paesi più attivi contro Assad fin dalla primavera del 2011, ed organizzò un lungo assedio da parte delle forze lealiste, aiutata dalle forze militari sciite dell’Hezbollah libanese, causando migliaia di morti. Oggi, la parte centrale e popolata di Homs, nonostante sia ancora sotto il controllo di Damasco, possiede forze ribelli che rappresentano l’opposizione popolare sunnita del luogo, molto estese e con radici ben profonde, sebbene anche tra di loro ci siano molti contrasti interni. Gli emissari della milizia civile pro-Assad hanno comunque ucciso quelli che erano stati indicati come leader dei ribelli, lasciando che gli estremisti guerreggiassero da soli per decidere chi avrebbe controllato il fronte dell’opposizione. La situazione siriana è peggiorata un mese fa, quando le incursioni russe si sono intensificate e hanno placcato le forze ribelli attorno ad Aleppo e nel nord del Paese, stravolgendo gli equilibri strategici che erano stati faticosamente trovati. Ora si contano circa 70mila profughi ammassati sul confine turco, e nuove armi in arrivo dalla frontiera della Turchia per i ribelli: questi ultimi minacciano di reagire con ogni mezzo possibile pur di riprendere il controllo sulle regioni di Damasco.

Presto nuovo incontro tra Putin e Obama
L’armamentario in arrivo per gli insorti, potrebbe contenere anche missili anti-aerei Usa, ma intanto, il segretario di Stato degli Stati Uniti, John Kerry ha disposto: «E’ stato raggiunto un accordo di principio provvisorio su un cessate il fuoco in Siria», un accordo raggiunto con il segretario di Stato russo Sergei Lavrov. L’annuncio è arrivato da Amman, dove Kerry ha incontrato il ministro degli Esteri della Giordania Nasser Judeh e parlato con il segretario russo. Il segretario Usa ha spiegato: «Il mondo è più vicino ad un cessate il fuoco oggi di quanto sia mai stato in precedenza – ha continuato – l’accordo non è ancora fatto e voglio anticipare che i nostri presidenti (Barack e Putin) potrebbero parlare nei prossimi giorni in modo da poterlo portare a termine», ha concluso il segretario di Stato, nonostante lo stesso alla fine ha ammesso che l’accordo non è finalizzato e che tutte le parti coinvolte potrebbero non rispettarlo. Anche Assad ha fatto intendere tutta la sua preoccupazione sui ribelli, spiegando al giornale “El Paìs” che la tregua funzionerà: «A patto che i ribelli non provino a usare la cessazione delle ostilità per ottenere vantaggi sul terreno», sottolineando implicitamente che i ribelli del paese potrebbero continuare a fare ulteriori stragi come quelle accadute in passato.

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