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Strage di Nizza, spunta la pista italiana: il complice di Bouhlel viveva a Bari

Complice di Bouhlel un tunisino che viveva a Bari: nelle scorse settimane gli avrebbe fornito le armi utilizzate per la strage di Nizza. Nuovi dettagli sull’attentatore: «Non praticava la religione musulmana, consumava maiale e alcol e aveva una vita sessuale senza freni»

Una pista collegherebbe l’Italia a Mohamed Lahouaiej Bouhlel, l’autore della strage di Nizza. Lo ipotizzano gli agenti della Digos della Questura di Bari, che hanno avviato degli accertamenti su alcuni cittadini di nazionalità tunisina residenti proprio nella provincia di Bari, e che risulterebbero essere entrati in contatto nelle scorse settimane con l’attentatore. Tra questi c’è uno dei sette arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul massacro alla Promenade des Anglais il 14 luglio, dove hanno perso la vita 84 persone, proprio nel giorno della ricorrenza nazionale per la presa della Bastiglia. Il ruolo del tunisino, vissuto qualche anno in Puglia prima di rientrare in Francia, sarebbe stato quello di fornire le armi all’attentatore. A collaborare con gli inquirenti francesi quindi anche la procura di Bari: perquisito e trovato vuoto un appartamento in un paese dell’hinterland. «Non lo vediamo più da qualche tempo», hanno dichiarato alcuni vicini. Intanto emergono nuovi dettagli sul profilo dell’attentatore. Secondo il procuratore di Parigi, Francois Molins, Bouhlel «non praticava la religione musulmana, non era un fedele praticante, consumava maiale e alcol e aveva una vita sessuale senza freni». Pochi giorni prima della strage si sarebbe però fatto crescere la barba, perché, come aveva confidato ad alcuni amici, aveva «un significato religioso».

Sul web cercava video di decapitazioni e cadaveri dell’Isis
E sempre secondo il procuratore Molins il suo legame con l’Isis sarebbe ancora da accertare, nonostante le ricerche che faceva su Internet conducono tutte ad un palese e forte interesse per l’ideologia radicale jihadista. Recentemente aveva citato l’Isis dicendo che «non capiva perché non poteva pretendere un suo territorio». Sul web cercava continuamente video violenti, decapitazioni e cadaveri dell’Isis, ma anche canti religiosi della propaganda jihadista e articoli sulla sparatorie di Dallas e Orlando, negli Stati Uniti. Inoltre aveva fatto vedere ad un amico il video della decapitazione di un ostaggio, dicendo davanti al suo stupore di essere ormai abituato.

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