Trento, insegnante licenziata perché gay: scuola condannata per discriminazione

Non era stata riassunta e aveva perso il diritto ad ottenere la conversione del proprio contratto in un rapporto a tempo indeterminato, e tutto perché aveva dichiarato di essere omosessuale. L’Istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù è stato quindi condannato «per discriminazione nei confronti della docente» al risarcimento di 25.000 euro per danni patrimoniali e non patrimoniali

Trento, insegnante licenziata perché gay: scuola condannata per discriminazione

Discriminata per orientamento sessuale dall’Istituto paritario Sacro Cuore di Trento, le è stato persino chiesto dal dirigente scolastico di «risolvere il problema». È quanto successo ad una docente omosessuale, alla quale è stato chiesto di smentire le voci per le quali avrebbe intrattenuto una convivenza sentimentale con un’altra donna per evitare di «turbare i propri alunni con discorsi inappropriati sul sesso». Adesso è toccato ad un giudice trentino ristabilire quel diritto riconosciuto non solo dalla morale, ma soprattutto dalle leggi: l’Istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù è stato condannato «per discriminazione nei confronti della docente» a risarcirle 25.000 euro per danni patrimoniali e non patrimoniali. La sentenza arriva dal Tribunale di Rovereto e riguarderebbe «il primo caso di condanna mai pronunciata per discriminazione individuale per orientamento sessuale e la seconda per discriminazione collettiva». «Si tratta della prima sentenza che condanna per discriminazione un’organizzazione di tendenza dopo l’entrata in vigore della normativa antidiscriminatoria del 2003», ha spiegato Alexander Schuster, avvocato dell’insegnante interessata. La donna, dopo essersi rifiutata di accettare ingerenze nella propria vita privata da parte del datore di lavoro, che le avrebbe persino chiesto di impegnarsi a «risolvere il problema», nel 2015 ha presentato ricorso perché non era stata più riassunta e aveva perso il diritto ad ottenere la conversione del proprio contratto in un rapporto a tempo indeterminato.

Il giudice di Rovereto ha riconosciuto dunque come «l’istituto cambiò nel giro di pochi giorni la propria versione dei fatti più volte, inclusa quella diffamatoria per la quale l’insegnante avrebbe turbato i propri alunni con discorsi inappropriati sul sesso», e accolto le domande della Cgil del Trentino e dell’Associazione radicale Certi diritti che avevano chiesto di «accertare il carattere di discriminazione collettiva delle diverse dichiarazioni rilasciate dall’Istituto con le quali si rivendicava il diritto di non assumere persone omosessuali, ritenute inidonee ad avere contatti con minori».

«I datori di lavoro non possono discriminare i lavoratori per le loro scelte di vita»
«La questione non riguarda tanto l’orientamento sessuale – ha affermato l’avvocato Schuster – perché dice molto di più: garantisce i diritti fondamentali di ogni lavoratore. Infatti, questa decisione fissa un punto chiaro: i datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita». «Nel tentativo di difendersi – ha commentato l’insegnante – l’istituto mi aveva accusato di aver turbato gli studenti con discorsi inopportuni sulla sessualità. Ora lo Stato italiano garantisce il diritto mio e di ogni persona a non essere discriminata».

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