Vercelli, 26enne vittima di bullismo sul posto di lavoro si toglie la vita

Un ragazzo introverso e sensibile che non è riuscito a sopportare le violenze di alcuni colleghi. Lo chiudevano nei bidoni dell’immondizia, lo fotografavano e postavano gli scatti su facebook. I genitori: «Gli hanno tolto la dignità. Devono pagare»

Vercelli, 26enne vittima di bullismo sul posto di lavoro si toglie la vita

Era vittima di bullismo sul posto di lavoro. Così Andrea Natali, esausto di subire violenze e ingiustizie, si è tolto la vita impiccandosi. Il ragazzo, 26 anni, viveva in casa dei genitori a Borgo d’Ale, un paesino di duemila anime immerso nelle campagne del Vercellese. Appassionato di motori, con un carattere molto introverso, aveva trovato lavoro in una carrozzeria proprio nel paese dove viveva. Qui è stato preso di mira da alcuni colleghi, che dapprima lo coinvolgevano in scherzi innocenti, e poi, non vedendolo reagire, sono andati sul pesante. Si dicevano suoi amici, ma lo prendevano di forza per chiuderlo nei bidoni d’immondizia, spesso gli infilavano la testa tra i sacchetti. Dopo lo fotografavano con il cellulare e pubblicavano le immagini su Facebook per ridere di lui. Un ragazzo così sensibile che non è riuscito a sopportare oltre, fino a pensare al suicidio. A scoprire la tragedia la madre, che lo aveva chiamato la mattina presto per fare colazione. Ma nessuna risposta. Andrea si era impiccato nella sua camera al secondo piano. «Ricordo bene il giorno in cui iniziò tutto. Era il 22 ottobre del 2013, Andrea torna a casa sconvolto, non riesce a parlare ma solo a urlare: da quel giorno non è più uscito di casa», ha raccontato il padre Federico Natali al Corriere della Sera. Dopo le prime violenze, sia fisiche che psicologiche, Andrea aveva sporto denuncia alla polizia postale, che aveva chiuso la pagina del social network con gli scatti che lo riguardavano e trasmesso gli atti alla procura. Ma ormai si stava addentrando sempre di più nel tragico mondo della depressione, un mondo da cui spesso non vi è via d’uscita. Un mondo che ha portato Andrea a compiere l’estremo gesto.

Adesso i genitori di Andrea chiedono giustizia, non vendetta: «Sappiamo che nessuno potrà restituirci nostro figlio ma vogliamo capire cosa è veramente accaduto». «Non voglio nessuno in galera, Andrea ci diceva sempre che gli avevano tolto la dignità, ma so che avrebbe anche perdonato chi lo trattava in quel modo, se solo avesse ricevuto delle scuse. Adesso è troppo tardi. Devono pagare con quello che hanno e i soldi andranno in beneficenza», ha aggiunto in lacrime il padre.

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