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Postava foto su Facebook mentre il figlio di due anni annegava: condannata a 5 anni

Il piccolo è annegato nello stagno del giardino mentre la madre controllava Facebook e caricava fotografie. Il giudice: «Tuo figlio è morto per colpa della tua negligenza. Dovrai convivere con questo per tutta la vita»

Cinque anni di reclusione. È la condanna di Claire Barnett, una donna inglese di 31 anni, che per la sua negligenza ha visto morire il figlioletto di soli 2 anni. L’accusa del tribunale è terribile: Claire è stata dichiarata colpevole di aver perso di vista il figlio facendolo annegare mentre lei passava il suo tempo su Facebook. È successo il 17 marzo scorso, a Beverley, Est Yorkshire, in Gran Bretagna, dove Joshua, ignaro del pericolo data la sua tenera età, si è sporto troppo nello stagno del giardino della loro abitazione cadendoci dentro e annegando. Dalla ricostruzione dei fatti pare che per la mamma era più importante controllare le notifiche su Facebook, caricare fotografie, e rispondere alla telefonata del fidanzato, piuttosto che badare al figlioletto che giocava nel giardino fuori casa, dove i pericoli cui poteva incorrere erano ben maggiori ed evidenti. La donna si è accorta troppo tardi dell’incidente e ha tentato di salvare invano il figlio, morto il giorno dopo in ospedale.

Inevitabili le accuse rivolte alla donna anche da parte dei vicini, e di tutte le mamme cui è giunta alle orecchie la notizia: «Ma come si fa a perdere di vista un figlio così piccolo per stare sui social network?». «E’ vergognoso», «Non si può definire madre una donna così». E la pensa allo stesso modo il giudice Jeremy Richardson che durante il processo ha definito Claire un “cattivo genitore”. Durissime le parole che ha rivolto all’accusata: «Tuo figlio è morto a causa della tua condotta negligente e dovrai convivere con questo per il resto della tua vita». Pare inoltre che i vicini abbiano riferito al processo di altri precedenti verificatisi nell’abitazione della donna, che tempo fa aveva permesso a Joshua e altri amichetti, suoi coetanei, di giocare da soli in strada. In quell’episodio tutti avevano rischiato di essere investiti da un’auto, tanto che è stato richiesto successivamente l’intervento dei servizi sociali.

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