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Arabia Saudita, 19enne condannato alla crocifissione: aveva manifestato contro il governo

È accusato, insieme ad altre 50 persone, per una serie di proteste antigovernative in Arabia Saudita nel 2012 e rischia di essere crocifisso presto. L’appello del padre: «Mio figlio non merita questa fine. Per favore aiutatemi a evitare questa atrocità»

Potrebbe essere crocifisso il 19enne Abdullah al-Zaher, condannato in Arabia Saudita per aver manifestato contro il governo. Rei, come lui, anche altre 50 persone, per aver attuato una serie di proteste antigovernative nel 2012. La notizia della condanna era giunta già lo scorso dicembre, ma ancora era solo un’indiscrezione. Adesso è quasi una certezza. La terrificante condanna per il giovane potrebbe arrivare a breve e la famiglia, distrutta, sta tentando ogni via per salvargli la vita. Finora il padre, Hassan al-Zaher, non ha ancora avuto nessuna notizia positiva, e così ha deciso di chiedere pubblicamente l’intervento internazionale. E lo ha fatto appellandosi al quotidiano inglese The Guardian: «Per favore aiutatemi a evitare a mio figlio una morte certa. Non merita di fare questa fine solo perché ha partecipato ad una manifestazione di protesta», ha detto l’uomo. Hassan ha raccontato in lacrime dell’ultimo incontro con il figlio, avvenuto tre mesi fa in una prigione a mille chilometri di distanza da casa: «Era davvero in pessime condizioni, odio vederlo così. Perciò vi supplico aiutatemi, e aiutatelo». Il 19enne è anche accusato di aver lanciato bombe molotov durante la protesta, ma il padre lo difende a spada tratta sottolineando la sua innocenza. In proposito ha dichiarato che all’epoca Abdullah aveva solo 15 anni e non era per niente consapevole di quello che faceva: «Si faceva trasportare facilmente, non aveva una chiara coscienza di quello che avrebbero comportato le sue azioni». Dopo l’arresto per il giovane continue torture. Lui stesso lo ha testimoniato, parlandone con il padre andato a fargli visita. «Dopo che le guardie lo hanno portato in carcere, nel marzo del 2012, è stato torturato e più volte percosso con sbarre di ferro. Non ha neanche avuto la possibilità di parlare con un avvocato che preparasse la sua difesa», ha spiegato l’uomo.

Presto esecuzione di massa
Dopo il suo appello sembrano fortunatamente arrivare i primi segnali di sostegno per il giovane Abdullah al-Zaher. Il ministero degli Esteri britannico ha infatti contattato le autorità saudite proprio per parlare della vicenda, ma al momento non sono trapelati dettagli. Per salvare il giovane da questa tortura dovranno mobilitarsi subito, perché il tempo stringe: già due settimane fa i media locali parlavano dell’imminente esecuzione di massa per le 50 persone accusate di aver manifestato contro il governo saudita.

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