La Corte d’Appello di Roma ha deciso che la madre di una delle due minorenni coinvolte nello scandalo escort dei Parioli non merita nessuno sconto di pena. Confermata la condanna a 6 anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione minorile: sapeva che la figlia si prostituiva e accettava da lei 150-200 euro al giorno, incitandola a continuare
La mamma di una delle due minorenni coinvolte nello scandalo dei Parioli era a conoscenza del fatto che la figlia faceva la baby squillo e ne traeva beneficio. È quanto si legge in una parte delle 80 pagine di motivazioni scritte dai giudici della III Corte di appello di Roma per spiegare perché i personaggi chiave dello scandalo delle baby escort non hanno ricevuto, né meritato, alcuno sconto di pena. La donna, non solo aveva accettato che la figlia si prostituisse, ma approfittava anche della triste situazione accettando da lei versamenti quotidiani di 150-200 euro. Dopo averci preso gusto, avrebbe persino incitato la figlia 14enne a continuare, per non dover più rinunciare alle comodità e agli sfizi cui si era abituata. Nelle motivazioni della sentenza di condanna i giudici hanno detto che la donna «per lungo tempo ha ricevuto dalla figlia quattordicenne versamenti quotidiani di centocinquanta o duecento euro, giungendo infine a sollecitarne i versamenti». La donna era finita a processo con l’accusa di sfruttamento della prostituzione minorile e condannata a sei anni di reclusione. Per lei nessuno sconto: «L’imputata non merita attenuanti. Attesa la concreta gravità del reato, lungi dall’apparire eccessiva la pena si presenta congrua e adeguata». Per i giudici è giusto anche che la donna risarcisca la figlia con 20mila euro «come ristoro economico per il pregiudizio subìto anche in conseguenza della condotta delittuosa della madre».
«Non sapevo cosa facesse mia figlia»
La madre dopo che lo scandalo era ormai scoppiato, e che da tempo accettava soldi dalla figlia facendo finta di non saperne l’illecita provenienza, all’accusa di sfruttamento della prostituzione aveva risposto che non sapeva cosa facesse la figlia per avere tutti quei soldi, e che aveva pensato diverse volte che spacciasse droga, senza tuttavia intimarle di smettere anche in quel caso. A smentirla anche l’altra baby squillo secondo cui «chi spaccia non incassa cinquecento euro al giorno». «E’ quasi imbarazzante dover rivelare in questa sede che nessuna madre accetterebbe la notizia che la figlia di appena 14 anni sia entrata in un giro di spacciatori, e che quotidianamente, dopo la scuola, confezioni dosi di cocaina per poi passare parte del corrispettivo al grossista e al resto alla famiglia», si legge ancora tra le pagine delle motivazioni elaborate dalla III Corte di Appello per cui la donna non merita nessuno sconto di pena.
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