Dopo diverse indagini, sono stati arrestati 4 bersaglieri per detenzione e spaccio di droga all’interno della stessa Caserma di Bersaglieri di Caserta. In carcere il caporale, arresti domiciliari per gli altri 3 soldati. La droga era anche ad uso personale e ai drug test gli accusati corrompevano gli infermieri
È accaduto tra Caserta e Roma, dove i carabinieri della compagnia di Maddaloni hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quattro militari dell’ottava Brigata Bersaglieri di Caserta. L’ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della stessa città per il caporale Luigi Santonastaso, ora in carcere, Roberta Rossini, Luigi Belvedere e Patrizio Caserta, tutti e tre ai domiciliari. L’ordinanza è la conclusione di una lunga e organizzata indagine, che ha consentito di raccogliere molti dettagli sugli accusati che ora devono rispondere di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, se non anche di corruzione; detenzione; offerta, messa in vendita e cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti. L’indagine era già partita dal febbraio 2014 e si è conclusa proprio nel mese di marzo facendo uso di diverse tecniche: intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione, pedinamenti e sequestri occasionali di droga. Il tutto ha portato alla conferma che i militari arrestati, avessero all’interno della stessa caserma, la disponibilità di immani dosi di cocaina, che venivano poi vendute nella stessa milizia ai proprio colleghi, con a capo Santonastaso.
Corrompevano assistenti sanitari
Il Capolare Santonastaso e il militare Rossini, erano entrambi dediti anche all’uso personale di sostanze stupefacenti, come cocaina e crack. Ed entrambi, grazie ad una diffusissima rete di corruzione tra assistenti sanitari, o approfittando della distrazione dei commilitoni nella stessa struttura, riuscivano anche ad alterare i risultati dei drug test disposti dal Comando nei confronti dei militari sospettati di fare uso di stupefacenti: molte volte preparavano una provetta d’urina pulita da sostituire e la scambiavano al momento opportuno; altrimenti passavano alla corruzione diretta del Laboratorio dell’Ospedale militare di Caserta, dietro compenso di denaro oppure in dosi di stupefacente. Così i risultati dei loro esami erano sempre puliti. Tutto questo si è potuto scoprire non solo attraverso le intercettazioni telefoniche, ma anche attraverso conversazione di messaggistica istantanea tramite WhatsApp, e anche grazie all’esecuzione d’indagine contemporanea alle analisi del drug test, con successivo esame del Dna: tramite suddetto esame, si è potuto scoprire il doppio gioco ed è stato quindi possibile incriminare i soldati.
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