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Fermo, nigeriano picchiato a morte: aveva difeso la compagna dagli insulti di un ultrà

Il nigeriano aveva difeso la compagna dagli insulti razzisti dell’ultrà fino a che non è scoppiata la rissa: è stato scaraventato a terra e picchiato a morte. Picchiata anche la giovane che ha riportato escoriazioni alle braccia e ad una gamba. Il sindaco di Fermo: «Uno strisciante razzismo che non può e non deve trovare spazio nel modo più assoluto nella nostra città»

Era fuggito dalla Nigeria insieme alla compagna per scampare alla ferocia dei terroristi di Boko Haram, ma ha trovato la morte a Fermo, dove era ospite al seminario arcivescovile, vittima del razzismo e della xenofobia. Si tratta del nigeriano Emmanuel Chidi Namdi, 36enne richiedente asilo, picchiato a morte martedì 5 luglio da un ultrà della squadra di calcio locale per aver preso le difese della compagna, Chinyery, 24 anni. Stando alla prima ricostruzione della polizia pare che i due nigeriani stessero camminando tranquillamente per la via XX Settembre, vicino al seminario arcivescovile della provincia marchigiana, quando due residenti del posto hanno iniziato ad insultare la giovane donna chiamandola “scimmia”. Emmanuel si sarebbe quindi avvicinato ai due reagendo e chiedendo spiegazioni, fino a che non è scoppiata la rissa. Il nigeriano è stato scaraventato a terra e picchiato inverosimilmente con calci e pugni, subendo un’emorragia cerebrale che lo ha portato in coma irreversibile. Picchiata anche la compagna, che ha riportato escoriazioni alle braccia e ad una gamba, risultando guaribile in 7 giorni. La giovane aveva espresso il desiderio di poterne donare gli organi, ma a causa della mancanza dei documenti necessari questo non è stato possibile. L’ultrà che ha picchiato a morte il nigeriano era già noto alle forze dell’ordine per altri episodi di violenza che gli sono costati un Daspo di 4 anni: prima che i medici constatassero il decesso di Namdi era stato denunciato a piede libero per lesioni gravissime, adesso verrà formulato nei suoi confronti un nuovo capo d’imputazione.

«Provocazione gratuita e a freddo»
In un primo momento l’aggressore e il suo amico si erano difesi dicendo che la coppia li guardava insistentemente mentre si trovavano sulle loro auto parcheggiate sulla via. Diversi testimoni saranno presto ascoltati dalla procura. Si costituirà parte civile anche Monsignor Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e della fondazione Caritas in Veritate che assiste migranti e profughi. «E’ stata una provocazione gratuita e a freddo, ritengo che si tratti dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese», ha commentato Monsignor Albanesi facendo riferimento ai quattro ordigni piazzati nei mesi scorsi a Fermo vicino agli edifici di culto.

Il sindaco di Fermo: «Un razzismo che non deve esistere nella nostra città»
A condannare l’episodio il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, che ha parlato di uno «strisciante razzismo che non può e non deve trovare spazio nel modo più assoluto nella nostra città». «La comunità di Fermo – ha detto – è conosciuta come esempio virtuoso di integrazione e accoglienza anche rispetto a chi rifugge da drammi inenarrabili. Non merita di essere bollata per quanto emergerà da questo episodio, ma deve invece rivendicare con forza lo spirito che ha sempre contraddistinto la sua realtà, le etnie straniere, i nuovi cittadini italiani e i figli di tutti loro, che stanno crescendo insieme, senza discriminazione».

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